«Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Lc 2, 7)
«Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14, 22)
Le voci dei pastori, pellegrini in cerca di luce, rompono il silenzio della notte che avvolge Bēth-Lehem, casa di pane. Tu sei nato qui su una terra fornaia.
I teli di lino grezzo che fasciano le tue membra e avvolgeranno il tuo corpo adulto sono posati là, sulla pietra, segno della tua vittoria sulla morte.
Un intenso profumo di aloe e mirra impregna ogni angolo: la stalla sembra assumere la forma di un sepolcro.
Il dolce legno della mangiatoia lascia presagire l’amarezza del patibolo: la croce su cui sarai appeso e dalla quale ti offrirai come nutrimento per l’uomo, frumento di salvezza.
Rotola la pesante pietra, aprendo al sepolcro la vita, come la ruota della macina che schiaccia il grano e produce farina in abbondanza.
Muore il chicco perché caldo e fragrante sia il tuo dono: “Prendete, questo è il mio corpo!” (Mc 14, 22)
Ti tocco e inebria il naso il tuo profumo di pane della festa.
Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo.













































